Fondata nel 1960, l’Accademia di Belle Arti di Lecce si insedia, solo nel 1970, nell’antico convento domenicano, adiacente alla chiesa di S. Giovanni Battista, comunemente detta del “Rosario”, presso Porta Rudiae, uno degli ingressi più conosciuti al centro storico.
Il sito, tra i più belli e integri della città barocca, segna l’inizio del percorso voluto alla metà del ‘600 dal vescovo Aloisio Pappacoda a simboleggiare il potere della chiesa: da Porta Rudiae a piazza Duomo, la via è condensata da un susseguirsi di rilevanti episodi architettonici in gran parte opera di Giuseppe Zimbalo (1620? -1710), tecnico di fiducia del vescovo, come la chiesa di S. Teresa, fino alla Cattedrale barocca e al suo svettante campanile. La limpida intelaiatura della facciata del convento, ritmata da sei paraste d’ordine gigante e conclusa, alle due estremità, da eleganti portali coronati dai sovrastanti balconi, è della metà del ‘700. Attribuita da alcuni ad Emanuele Manieri, è comunque ascrivibile, se non a lui, a quella koinè borghese di cui Emanuele e il padre Mauro sono iniziatori e maestri, capaci di padroneggiare urbanisticamente il rapporto edificio – contesto con proposte architettoniche ormai lontane dalla rutilante vistosità barocca, e piuttosto tendenti ad un organico e dignitoso raccordo alla maglia strutturale della città.
Cosi la facciata del ‘700 fronteggia con sobrietà di forme la preesistente fabbrica cinquecentesca dell’Ospedale dello Spirito Santo, opera di Giangiacomo dell’Acaya.
Insieme formano, per chi entri da Porta Rudiae, una sorta di solenne preambolo al sorprendente incontro con l’ultima opera di Zimbalo, la fastosa chiesa di S. Giovanni Battista ( 1691 -1728). Le vicende relative al complesso monumentale della chiesa e del convento Dei Domenicani hanno tuttavia origini più remote: La prima fondazione, con bolla di Bonifacio IX del 9.1 1. 1389, fu resa possibile grazie alle donazioni del benefattore Giovanni D’Aymo, e fu realizzata in forme gotiche di cui restano oggi, nel convento, alcuni reperti e un affresco quattrocentesco raffigurante S. Caterina da Siena che riceve le stimmate. L’importanza del convento crebbe nel tempo. Ai padri domenicani fu affidata l’amministrazione del vicino Ospedale dello Spirito Santo (fino al 1514) e di due monasteri di monache claustrali domenicane, S. Maria della Nova e S. Maria della Visitazione de ‘Checrì; inoltre nel 1652 vi fu trasferito il Centro di Studi filosofici e teologici dei Padri Predicatori, prima ad Andria. Tutto ciò portò alla necessità del rifacimento in forme più congrue sia della chiesa, “poco proporzionata, piccola, oscura, et incapace per il popolo” (1691), che del convento, “antico, umido ed oscuro” (metà del 700). Le vicende relative alle presenze dei domenicani si concludono nel 1809, con la soppressione del convento per effetto delle leggi eversive napoleoniche e l’acquisizione dell’immobile da parte del Demanio Regio.
Nel 1812 vi si impianta la Manifattura dei Tabacchi che determina, con la necessità di adattamento dell’edifìcio conventuale alle nuove esigenze “industriali”, una serie di profonde trasformazioni alle originarie strutture architettoniche.
È del 1905 la demolizione di un intero isolato di via S. Maria del Paradiso per far posto ad un imponente edifìcio a tre piani addossato al convento e di alcuni anni dopo l’abbattimento di un tronco delle mura cinquecentesche retrostanti. Agli inizi degli anni 60 l’ex convento viene abbandonato e gli impianti di produzione del tabacco trasferiti in una moderna struttura fuori città: l’immobile, in pessimo stato di conservazione e ampiamente rimaneggiato, consegnato al Ministero della Pubblica Istruzione, viene adibito a sede dell’Accademia di Belle Arti. Il progetto di restauro e adeguamento del complesso conventuale alle nuove funzioni è del 1973, ma la demolizione e ricostruzione “in stile” del cortile gotico posteriore nel corso dei lavori, determinano, nel 1978, la loro sospensione da parte della Sovrintendenza alle Belle Arti. Oggi, pur utilizzandosi parzialmente, per necessità di spazi, anche l’incompleto corpo posteriore dell’edifìcio, l’attività dell’Accademia si svolge pienamente nei locali disposti a piano terra, nel primo piano intorno al chiostro settecentesco prospiciente via Libertini e al secondo piano. L’elegante chiostro, di pianta rettangolare con 5 per 6 arcate e pozzo centrale, è racchiuso per due lati dalle mura cinquecentesche di Giangiacomo dell’Acava, sulle quali è impiantato il bellissimo giardino pensile, per un lato dalla chiesa adiacente e per l’ultimo da tre ampi locali corrispondenti alla facciata, dal 1997 uno dei tre locali è adibito a sede della Galleria d’Arte dell’Accademia.
Prof.ssa Marina Pizzarelli
Nel 1812 vi si impianta la Manifattura dei Tabacchi che determina, con la necessità di adattamento dell’edifìcio conventuale alle nuove esigenze “industriali”, una serie di profonde trasformazioni alle originarie strutture architettoniche.
È del 1905 la demolizione di un intero isolato di via S. Maria del Paradiso per far posto ad un imponente edifìcio a tre piani addossato al convento e di alcuni anni dopo l’abbattimento di un tronco delle mura cinquecentesche retrostanti. Agli inizi degli anni 60 l’ex convento viene abbandonato e gli impianti di produzione del tabacco trasferiti in una moderna struttura fuori città: l’immobile, in pessimo stato di conservazione e ampiamente rimaneggiato, consegnato al Ministero della Pubblica Istruzione, viene adibito a sede dell’Accademia di Belle Arti. Il progetto di restauro e adeguamento del complesso conventuale alle nuove funzioni è del 1973, ma la demolizione e ricostruzione “in stile” del cortile gotico posteriore nel corso dei lavori, determinano, nel 1978, la loro sospensione da parte della Sovrintendenza alle Belle Arti. Oggi, pur utilizzandosi parzialmente, per necessità di spazi, anche l’incompleto corpo posteriore dell’edifìcio, l’attività dell’Accademia si svolge pienamente nei locali disposti a piano terra, nel primo piano intorno al chiostro settecentesco prospiciente via Libertini e al secondo piano. L’elegante chiostro, di pianta rettangolare con 5 per 6 arcate e pozzo centrale, è racchiuso per due lati dalle mura cinquecentesche di Giangiacomo dell’Acava, sulle quali è impiantato il bellissimo giardino pensile, per un lato dalla chiesa adiacente e per l’ultimo da tre ampi locali corrispondenti alla facciata, dal 1997 uno dei tre locali è adibito a sede della Galleria d’Arte dell’Accademia.
Prof.ssa Marina Pizzarelli